Ugo Maiorano
quando la tammorra diventa una scelta di vita
"A Vita è bella pecchè s'abball"
( Nando Citarella )
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La Tammurriata

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Pubblicato da Marianna De Pascale in Musica della Tradizione · 3 Gennaio 2011
Tammorra e tammurriata dalle origini ai giorni nostri


Il re degli strumenti della tradizione musicale campana, la Tammorra, ha origini antichissime: nasce, infatti, come strumento musicale femminile, legato ai culti lunari. Ne sono testimonianza alcune statuette fenicie, conservate presso il Museo Archeologico di Cagliari, di sacerdotesse (probabilmente della dea Astarte) che suonano a mano nuda qualcosa di simile a un odierno tamburo a cornice.
Proseguendo nella storia, il Tympanon, che le pitture greche ci mostrano ancora tra le mani di suonatrici donne, diventa per i Romani Timpanum e, stavolta, lo ritroviamo in un famosissimo mosaico di Pompei conservato presso il Museo Archeologico Nazionale di Napoli, in mano ad un uomo che lo percuote con la pelle rivolta verso il basso, una tecnica di esecuzione, questa, utilizzata per suonare l’attuale tammorra in Italia Meridionale e che si osserva presso tutte le popolazioni del Mediterraneo e del vicino Medio Oriente che utilizzano tamburi di tale forma.
Dal Medioevo al Rinascimento, la tammorra viene raffigurata nelle mani di angeli musicanti o nelle tarsie dei cori delle chiese, in cui si evidenzia l’uso del tempo di sospendere dei sonagli al telaio o anche di applicare la bordoniera (una corda posta sulla pelle per dare allo strumento il suono rullante). Questo testimonia l’apprezzamento e la diffusione dello strumento al di là della fetta prettamente popolare della popolazione.
LA TAMMURRIATA
Anche le origini della tammurriata (o ballo n’copp o’ tamburo), il ballo legato alla tammorra, si perdono nella notte dei tempi. Probabilmente le antiche danze greche e quelle delle genti campane, come i Sanniti, sono le vere antenate del più famoso ballo popolare campano.
Malgrado il trascorrere dei secoli e le varie influenze esterne subite nel corso dei tempi, la tammurriata odierna conserva i tratti fondamentali di queste antiche danze, continuando a rappresentare i riti della sessualità e della fertilità connessi alla terra intesa come madre di ogni cosa e, quindi, fonte della vita.
Nel mondo greco, la danza veniva considerata il dono degli dei agli uomini per accostarsi alla divinità fino ad identificarsi con essa, unico modo per raggiungere, almeno idealmente, l'immortalità. Alcune di queste antiche danze, come apprendiamo da dipinti, bassorilievi, citazioni, presentavano gesti caratteristici che si ripropongono nella figurazione tematica dell'odierno ballo su tammorra. Il primo è la cheironomia, cioè la posizione assunta dalle mani nel corso del ballo, molto importante poiché attraverso di essa si esplicitano particolari sentimenti ed emozioni; il secondo gesto è il saltare di tipo demoniaco che agita tutto il corpo. Entrambi questi movimenti erano eseguiti dai satiri, adoratori del culto di Dioniso e Cibele. La danza dei satiri descritta, probabile antenata della tammurriata, si chiama sìkinnis, e si ballava nel naos, il tempio divino.
Le danze bacchiche sostituirono, più tardi, in Grecia la sìkinnis. Sempre in onore del dio Dioniso, queste danze erano costituite dalla elevazione ritmica delle braccia, da piccoli passi e dall'agitazione di tutto il corpo.
Nella schematizzazione della danza dionisiaca confluì anche la gestualità della pirrica greca, anch'essa presente, seppure travisata, anche in alcuni tipi di tammurriata. Le danze pirriche erano di carattere giocoso, ma anche guerresco e venivano eseguite da un'amazzone armata di lancia e di un piccolo scudo ed anche da un sileno (figura mitologica di origine boschiva) che le protendeva la tipica pelle di daino, propria dei cultori di Dioniso.
Altro importante elemento di questo tipo di danze rituali è il luogo dove si svolgono. Per i popoli antichi era lo spazio antistante il tempio del dio, oggi, in un’ideale continuità con il paganesimo, il sagrato o la piazza antistante la chiesa della madonna o del santo.
Il Ballo, oggi
Sono stati individuati sinora almeno quattro sub-generi tipologici diversi del ballo sul tamburo: quello domiziano con forte corrispondenza tra repertorio sonoro e musicale, quello vesuviano ancora ben tenuto e strutturato, quello lattaro tendente alla "vutata" in direzione oraria e quello sarnese-nocerino che oggi, diversamente dalla tradizione più antica, è ballato con la tendenza a ridurre gli elementi strutturali ed esaltare le movenze di anche.
Queste differenze sono spesso legate anche alle caratteristiche geografiche del luogo in cui essa si balla: vicino al mare ed in pianura, ad esempio, la danza è stata sempre considerata un avvicinamento sensuale ed amoroso, mentre tra le montagne la necessità di conquistare le vallate le hanno conferito delle caratteristiche più dure e scattanti, quasi guerresche. La tammurriata scafatese ha un fine essenzialmente di natura sensuale; la paganese è più saltellante rispetto alla prima, i ballerini presentano minori momenti di attaccamento e la stessa vutata mantiene i ballerini distaccati. In questo  tipo di tammurriata che si può osservare a Pagani e nei paesi limitrofi, il corteggiamento sembra lasciare il posto ad una sfida tra i ballatori. Un terzo tipo di tammurriata è la giuglianese, la sua caratteristica principale è costituita dalla presenza del doppio flauto, del tamburello e dello scacciapensieri. Il ritmo, il sisco inoltre, è più veloce, quasi ossessivo. In onore della Madonna dell'Avvocata, poi c’è la cosiddetta avvocata. La sua caratteristica fondamentale è nella presenza di un numero elevato di tammorre suonate contemporaneamente . C'è una tammorra principale che guida il tempo e, insieme alla voce, dà il numero dei colpi della vutata secondo il testo intonato. Qui la musica e i movimenti sono veri e propri richiami guerreschi, incitamento agli uomini nei momenti di combattimento.
La tammurriata è una danza a coppia, ed esprime rappresentazioni rituali che non riguardano il quotidiano ma piuttosto tutto ciò che il quotidiano negava e reprimeva. Non deve, quindi, essere associata alla tradizionale danza d'amore, cosa che invece può rappresentare la tarantella. I suoi gesti possono essere spontanei, derivati da gesti antichi del lavoro quotidiano nei campi o in casa, come setacciare la farina o spezzare i maccheroni, oppure imitazioni degli atteggiamenti degli animali come il volo degli uccelli e le gestualità tipiche dei gallinacei.
Durante l'esecuzione della tammurriata non dovrebbero esistere attori e spettatori, non vi sono barriere tra i partecipanti alla festa, né esistono palcoscenici, ma si formano spontaneamente dei cerchi con tutti i presenti all'interno nei quali si fondono suonatori, cantatori e spettatori. Il cerchio, simbolo classico delle tradizioni pagane, simboleggia il desiderio di sfuggire il tempo, si tenta, attraverso di esso, di fermarlo almeno per quel momento di festa donato alla divinità. Il duro vivere quotidiano viene così dimenticato ed esorcizzato. Inoltre, il cerchio serve a potenziare le energie dei partecipanti alla tammurriata; nel suo interno la danza si svolge regolarmente sempre sulla ritmica dello schioccare delle  castagnette, tenute in mano un po' da tutti.
La fase del ballo più coinvolgente e frenetica è chiamata rotella o vutata. La vutata è il simbolo della sfida o dell'accoppiamento, ma può rappresentare da parte della donna un rifiuto dell'uomo che la sta corteggiando. La coppia, allora, si può spezzare ed in questo momento può entrare, per formare una nuova coppia, un altro personaggio, come nuovo potenziale corteggiatore. In questa fase si modificano anche la ritmica e la parte cantata, infatti la tammorra batte in uno, il cantate canta su una nota sola molto prolungata, o aggiunge dei versi più brevi per seguire i due danzatori che girano su loro stessi quasi incatenati. Nella girata l'andamento della danza, nella maggior parte dei casi, è antiorario.


Marianna De Pascale



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